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Hi crisis, are you ready to dance?

Nel tempo ho sempre sviluppato una forte simpatia, o meglio empatia, per quegli uomini e quelle donne che hanno vissuto ai tempi di forti crisi mondiali: una guerra, una crisi economica, una rivoluzione. Soprattutto per chi ha avuto la fortuna di vivere il post crisi, la ripartenza.

Ho sempre immaginato e sognato l’atmosfera elettrica che si doveva respirare una volta passato il periodo tragico. Quella insaziabile voglia di spaccare il mondo, quasi che tutto fosse possibile, qualsiasi impresa o progetto. Come in quei romanzi ambientati in luoghi e tempi tormentati, eppure proprio per questo contaminati di passione devastante.

Ecco, nel 2020, quando avevo ormai perso le speranze, mi si presenta l’occasione, resa ancora più preziosa dalla presenza in questo mondo di mia figlia, cui posso donare gli anticorpi per resistere da adulta ad ogni crisi che le si presenti, anzi a mutarla in una opportunità di crescita per sé e per il suo prossimo.

Lo so, abbiamo paura, temiamo che le aree di comfort, che a fatica ci siamo guadagnati, possano essere messe in discussione. Che il nostro stile di vita possa subire drastiche rivisitazioni nelle forme e nei colori.

Anni fa mi trovai ad un corso di crescita personale. Il mentore che ci guidava ci propose un gioco: alzatevi in piedi e raccontate un sogno che avete e la più grande paura che nutrite in voi. Mi alzai per ultimo, o quasi, condivisi il mio sogno: poter raccontare la mia vita nei miei ultimi giorni, ciò avrebbe voluto dire aver fatto una vita interessante, degna di essere raccontata. La paura era ed è l’esatto contrario del sogno: vivere gli ultimi giorni della vita senza avere nulla di interessante da raccontare.

Mi chiedo, se non ci fosse stato questo tsunami coronavirus, tra 40 o 50 o 100 anni cosa avremmo ricordato della nostra vita: i guadagni, i viaggi, i week end in barca o in montagna? Le auto possedute o i resort visitati, le furbate e le mandrakate, i cocktail del venerdì sera o gli apericena del sabato? E invece, dopo questo anno già consegnato dai futuri libri di storia, alcuni di noi sapranno raccontare le peripezie e le folli idee per uscire dallo spettro della crisi. Saranno racconti epici, ammalianti, che segneranno la crescita di chi avrà la fortuna di prestarvi ascolto. Il coraggio di rialzarsi ai tempi del coronavirus.

Quante sere abbiamo passato sulle ginocchia dei nostri nonni, affascinati dai racconti del dopoguerra, dalla narrazione di quella Rinascita! Quante biografie abbiamo ammirato di donne e uomini che hanno scritto la parola ripartenza nel loro status: Luisa Spagnoli, Enrico Piaggio, Adriano Olivetti, solo per citarne alcuni. Disse bene una volta Steve Jobs al suo team di ingegneri spaventati dalla sua ennesima sfida tecnologica: di cosa avete paura, le più grandi rivoluzioni della storia dell’uomo sono state realizzate da individui che non erano più intelligenti di voi, solo più curiosi e perseveranti.

E allora eccoti Sorella Crisi, sono qui, sei pronta a danzare? Ti farò venire il giramento di testa e negli ultimi miei giorni racconterò a qualcuno col mio nome, seduto sulle mie ginocchia, di quando mi imploravi di smettere di ballare.

Massimiliano Arena 

 

L’Italia riparte dall’educazione e dalla responsabilità dei bambini e dei giovani #italiacheriparte

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In Giappone gli unici cittadini che non sono obbligati ad inchinarsi davanti all’imperatore sono gli insegnanti. Il motivo è che i giapponesi sostengono che senza insegnanti non ci possono essere imperatori.

E se in Italia i politici venissero stipendiati come un insegnante?
L’Italia riparte dall’educazione e dalla formazione. E come dice Don Ciotti…dalla responsabilità. La responsabilità si passa con l’esempio e dalla testimonianza viva di onesti cittadini.

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