Una vita assume un rango filosofico di spessore nella misura in cui sia spesa per elevare il mondo circostante. La monotonia e la mancanza di sperimentazione offuscano l’orizzonte umano e lo comprimono a istinto di sopravvivenza. Non v’è sfida più affascinante che battersi per migliorare le condizioni di vita di altri individui e riconoscerne la dignità umana. Nella professione, nella politica, nella cultura, negli ambiti sociali e relazionali il talento non deve essere relegato a mero strumento di arricchimento personale. Un talento fine a se stesso, non messo a disposizione della collettività, si inaridisce e diviene un pesante fardello interiore.
L’ascolto attento e silenzioso delle altrui ragioni e la condivisione dei propri talenti arricchiscono la chimica delle proprie relazioni e fanno breccia nel muro di gomma dell’individualismo. Il sentiero per tale meta è arduo, in salita, ma vale la pena percorrerlo. Leggeri, senza bisaccia, solo con l’utopia concreta di trovare un girasole o un tulipano anche in cima, alla stregua delle rose che fanno arrossire il deserto di Atacama per pochi giorni l’anno.